Habuisti corpus

Alla ricorrente domanda sul perché ho ambientato i miei romanzi in un futuro distopico, solitamente rispondo che è il presente a essere distopico. Il presente ringrazia e si incarica volentieri di darmi ragione.

Uno dei più famosi e consolidati capisaldi della nostra cosiddetta civiltà giuridica, l’habeas corpus, è sempre più frequentemente calpestato nell’indifferenza generale.

Il caso più recente ed eclatante è quello del calciatore belga Stephane Omeonga, fatto scendere da un aereo e, a detta sua, malmenato. Il motivo addotto dalla Polaria (della quale ho appena scoperto l’esistenza: difficile essere aggiornati su tutte le polizie esistenti) è che fosse su una black list dello stato di Israele. Fate attenzione quando siete in aereo: se lo stato di Israele vi ha messi su una black list (ovviamente senza comunicarvelo), magari perché avete criticato in pubblico la sua politica in presenza di testimoni del suddetto stato, potreste essere fatti scendere e trattenuti per controlli. Solitamente l’essere malmenati è un premium riservato a chi non ha la pelle bianca. Ricordiamo il coro indignato, dalla Presidenza della Repubblica in giù, quando un rapporto dell’Ecri, organo antirazzismo e intolleranza del Consiglio d’Europa, denunciava la profilazione razziale messa in atto dalla polizia italiana.

Se il caso precedente rappresenta un episodio inquietante di violazione dell’habeas corpus (nessuno ha comunicato a Omeonga il motivo del provvedimento adottato contro di lui), una violazione sistematica si ha con le cosiddette zone rosse nelle metropoli italiane. Nulla di nuovo, per carità, gli innumerevoli decreti sicurezza avevano già ampiamente fatto carta straccia dell’habeas corpus, ma ora si fa un passetto ulteriore. Una persona con precedenti penali (magari una manifestazione non autorizzata, un blocco stradale, ecc.) può essere bandita da una zona della metropoli solo perché a insindacabile giudizio delle forze di polizia ha assunto dei comportamenti molesti (magari una manifestazione non autorizzata o una semplice protesta verso l’atteggiamento di qualcun altro, per esempio il maltrattamento di un cittadino con la pelle scura…). Alla seconda volta che ciò accade scatta il Daspo, che comporta un’interdizione dalla zona per 5 anni. Non è necessaria alcuna prova, e pertanto non è possibile difendersi in giudizio.

Non si è vista alcuna ondata di indignazione da parte dei cittadini democratici, progressisti, garantisti, liberali e libertari, nonché di sinistra. In fondo questi provvedimenti sono giustificati con la necessità di intervenire contro giovani violenti che infestano le nostre metropoli molestando, stuprando, spacciando, scippando. Nessuno vuole sentirsi accusare di difendere chi commette reati tanto odiosi, con buona pace per l’habeas corpus.

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