La ricerca che trovi allegata in .pdf è il frutto di due anni circa di lavoro svolto, tra il 1994 e il 1996, presso il Dipartimento di Sociologia e il Dipartimento di Economia dell’Universidad de Oriente di Santiago de Cuba. Il finanziamento è stato elargito, sotto forma di borsa di studio e perfezionamento all’estero, dall’Università degli Studi di Milano.
I dati riportati sono stati parzialmente aggiornati fino al 2007, ma la società cubana, nel frattempo, è cambiata: questa ricerca ha ormai un interesse storico.
A metà degli anni Novanta, in Italia, si è vissuta una fugace stagione di interesse per Cuba. La profezia dell’effetto domino che avrebbe trascinato, a partire dal 1989, tutti i paesi ex socialisti verso un luminoso futuro di “libero mercato” non si era realizzata. Cuba, in particolare, resisteva, pur nella sua povertà, difendendo, tra l’altro, istruzione e sanità per tutti e a un buon livello. Lo sviluppo del turismo aveva portato molti italiani sull’isola e i meglio intenzionati ritornavano incuriositi da quel paese e da quel popolo così particolari.
Cuba, lasciandosi alle spalle i terribili primi anni del decennio 1990, caratterizzati da una crisi economica drammatica – il periodo especial, per l’appunto, cioè una crisi simile a quella provocata da una guerra, ma in tempo di pace – sembrava destinata a riprendersi e a poter rappresentare un modello alternativo di sviluppo per i paesi del cosiddetto terzo mondo.
Si trattava di una visione o ingenua, o interessata, per nulla incline ad approfondire una realtà economica e sociale indelebilmente marcata dalle storture ereditate dalla burocratizzazione della rivoluzione e dalla divisione internazionale del lavoro all’interno del Comecon, tendente a sottovalutare la forza economica, e non solo militare, dell’imperialismo. Oggi viviamo in un’epoca che pare molto più distante rispetto ai circa 30 anni trascorsi da allora. A parte ristrettissime minoranze, nessuno si pone più il problema della natura economica e sociale di Cuba, e tantomeno quello di cercare modelli di sviluppo diversi da quel neoliberismo che garantisce così bene il sottosviluppo.
L’interesse di questo lavoro, a mio parere, risiede sia nel complesso delle informazioni che fornisce sulla cultura e sulla società cubane, sia nella tesi sviluppata, e cioè che il segreto della sopravvivenza di Cuba in quelle condizioni risiede fondamentalmente nel carattere ancora molto ugualitario, nonostante tutte le storture, di quella formazione sociale.