Dall’Introduzione di Sugar Mountain

Windhoek, Namibia. Foto dell’autore.

Quando scrissi questo romanzo, tra il 2015 e il 2016, ero convinto che una guerra generalizzata in Europa sarebbe stata un’eventualità sempre più probabile, anche se non nel breve periodo.

Non è questa la sede per illustrare le mie considerazioni dell’epoca, comunqueben sintetizzate dal noto adagio di Jean Jaurès: “Il capitalismo porta la guerra come la nuvola porta la tempesta”. Mi chiedevo se potesse avere un senso dialogare dopo un secolo con Il tallone di ferro, un romanzo in cui Jack London previde nel 1907 la Prima guerra mondiale e l’avvento del Fascismo.

Fa impressione scrivere questa introduzione durante l’invasione russa dell’Ucraina e con il rischio di una terza guerra mondiale alle porte.

Il mio intento era quello di utilizzare la narrativa per esplorare le possibili reazioni e conseguenze a livello politico e sociale, non mi interessava descrivere la guerra, che infatti resta sullo sfondo, minacciosa e indefinita. La prima parte del romanzo è classificabile come fantapolitica. A seguito del dissolversi di un’opposizione organizzata e alla luce del sole e di un evento tragico, il protagonista si trova a dover stravolgere la sua esistenza e a vivere una vita completamente nuova. Nella seconda parte del romanzo si racconta in parallelo il presente del protagonista una volta espatriato e quello di una sorta di suo doppio, omonimo, che ha compiuto scelte esistenziali opposte alle sue: la vita di azione al posto di quella impiegatizia.

La narrazione in parallelo delle due storie, che inizia in epoche diverse, deve avere un effetto volutamente straniante. I due Raffaele si incontreranno in Namibia, ma i loro passaggi da Cuba hanno anche rappresentato, per me che vi ho vissuto per quasi due anni svolgendo attività di ricerca sociale post laurea, l’occasione per raccontare La Habana e Santiago de Cuba durante il Período especial a metà degli anni Novanta.

Sugar mountain è un romanzo con marcati riferimenti agli anni Novanta e Duemila, che cerca di fare i conti con le poche esperienze politiche di rilievo di una generazione che non ha mai potuto avere nemmeno l’illusione di cambiare il mondo, ma che forse non ha maturato neppure la consapevolezza di poterlo vedere sprofondare.

Il mio auspicio è che possa essere letto su più piani: la politica, il confronto schietto fra le idee in tutti i campi come momento indispensabile nei rapporti umani, le vicende personali contestualizzate nei drammi collettivi, il viaggio e la conoscenza, la dimensione onirica.

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