Presentazione alla Libreria dell’arco di Reggio Emilia

Mercoledì 20 novembre 2024 abbiamo presentato la collana Il cavallo verde alla Libreria dell’arco di Reggio Emilia. La libreria, oggi della Coop, è un luogo storico di Reggio Emilia, un palazzo molto bello che consiglio di visitare a chi si trovasse a passare da quella città.

Al momento siamo in tre ad avere pubblicato in questa nuova collana delle Edizioni San Lorenzo: Andrea Monti, che è anche il curatore ed editor, Luca Manini ed io.

È sempre molto interessante per un autore potere presentare il proprio lavoro davanti a un pubblico attento e molto differenziato per età, come quello di mercoledì. Ho provato a osservare le reazioni a quel che dicevamo negli occhi e sui visi dei diversi alunni dei colleghi autori (che sono anche professori di liceo), dei coetanei e delle persone più anziane.

Andrea e Luca hanno letto alcuni brani dei loro romanzi, io ho preferito riassumere la trama e soffermarmi su alcune tematiche ricorrenti nel romanzo e anticipare qualche spunto sul prossimo, intitolato MISS20, che uscirà fra qualche settimana.

Habuisti corpus

Alla ricorrente domanda sul perché ho ambientato i miei romanzi in un futuro distopico, solitamente rispondo che è il presente a essere distopico. Il presente ringrazia e si incarica volentieri di darmi ragione.

Uno dei più famosi e consolidati capisaldi della nostra cosiddetta civiltà giuridica, l’habeas corpus, è sempre più frequentemente calpestato nell’indifferenza generale.

Il caso più recente ed eclatante è quello del calciatore belga Stephane Omeonga, fatto scendere da un aereo e, a detta sua, malmenato. Il motivo addotto dalla Polaria (della quale ho appena scoperto l’esistenza: difficile essere aggiornati su tutte le polizie esistenti) è che fosse su una black list dello stato di Israele. Fate attenzione quando siete in aereo: se lo stato di Israele vi ha messi su una black list (ovviamente senza comunicarvelo), magari perché avete criticato in pubblico la sua politica in presenza di testimoni del suddetto stato, potreste essere fatti scendere e trattenuti per controlli. Solitamente l’essere malmenati è un premium riservato a chi non ha la pelle bianca. Ricordiamo il coro indignato, dalla Presidenza della Repubblica in giù, quando un rapporto dell’Ecri, organo antirazzismo e intolleranza del Consiglio d’Europa, denunciava la profilazione razziale messa in atto dalla polizia italiana.

Se il caso precedente rappresenta un episodio inquietante di violazione dell’habeas corpus (nessuno ha comunicato a Omeonga il motivo del provvedimento adottato contro di lui), una violazione sistematica si ha con le cosiddette zone rosse nelle metropoli italiane. Nulla di nuovo, per carità, gli innumerevoli decreti sicurezza avevano già ampiamente fatto carta straccia dell’habeas corpus, ma ora si fa un passetto ulteriore. Una persona con precedenti penali (magari una manifestazione non autorizzata, un blocco stradale, ecc.) può essere bandita da una zona della metropoli solo perché a insindacabile giudizio delle forze di polizia ha assunto dei comportamenti molesti (magari una manifestazione non autorizzata o una semplice protesta verso l’atteggiamento di qualcun altro, per esempio il maltrattamento di un cittadino con la pelle scura…). Alla seconda volta che ciò accade scatta il Daspo, che comporta un’interdizione dalla zona per 5 anni. Non è necessaria alcuna prova, e pertanto non è possibile difendersi in giudizio.

Non si è vista alcuna ondata di indignazione da parte dei cittadini democratici, progressisti, garantisti, liberali e libertari, nonché di sinistra. In fondo questi provvedimenti sono giustificati con la necessità di intervenire contro giovani violenti che infestano le nostre metropoli molestando, stuprando, spacciando, scippando. Nessuno vuole sentirsi accusare di difendere chi commette reati tanto odiosi, con buona pace per l’habeas corpus.

Affinità e differenze tra Luigi Mangione e il protagonista del romanzo Sugar Mountain

Avviso: raccomando a chi abbia intenzione di leggere il mio romanzo Sugar mountain, cosa che vivamente consiglio, di non leggere questo post.

Sugar Mountain

Il gesto compiuto da Luigi Mangione, come ormai anche i muri sanno, l’uccisione del CEO di United Healthcare Brian Thompson, è sicuramente paragonabile a quello di Raffaele, protagonista del mio romanzo Sugar mountain.

La somiglianza nelle modalità (uccisione a sangue freddo con una pistola) e nelle intenzioni (liberarci da un responsabile di una delle aziende più odiate) mi ha, in effetti, fatto sobbalzare. In fondo un personaggio è una creatura dell’autore, che a buon diritto può restare impressionato quando gli sembra che prenda vita.

Oltre alle similitudini fra i due vi sono due differenze. Raffaele uccide nel mezzo di una guerra il proprietario di una delle principali multinazionali produttrici di armi, differenza solo formale, e lo fa come emissario di un’organizzazione che l’ha addestrato per mesi a quello scopo, differenza sostanziale.

Per Raffaele, dato il contesto, non ci sarà un’ondata di entusiasmo mediatico, ma la domanda che si pone è la stessa: è morale uccidere un uomo responsabili di tante ingiustizie e lutti? Il mio romanzo fa il suo mestiere: solleva la questione e lascia la risposta al lettore. Mi sono limitato a fornire un paio di spunti. Da un lato le resistenze morali e politiche del candidato killer, influenzato da un argomento molto presente a sinistra e che si può riassumere così: l’assassino di un boia si trasforma anch’esso in un boia. Dall’altro le parole del Trostky di La loro morale e la nostra, utilizzate dal suo principale “addestratore”, che ritengono morale tutto ciò che ci avvicina alla rivoluzione, alla liberazione dell’umanità per la quale lottiamo.

Il gesto individuale di Mangione non ci avvicina – né ci allontana – da alcuna liberazione e tuttavia ha generato un’ondata di simpatia alla quale è difficile sottrarsi.

Tutto lo stordimento di massa, che in questi anni ha reso impossibile distinguere la destra dalla sinistra, che fa inciampare sempre nelle stesse pietre e sbattere continuamente la capoccia a chi solo prova ad alzarla, non è riuscito a cancellare un elementare senso di giustizia. Quello di chi è cresciuto leggendo Tex Willer e V per vendetta, ascoltando “La locomotiva”, o equivalenti più recenti. Quest’ultimo riferimento mi porta all’ultima considerazione, dato che gli eroi sono tutti giovani e belli.

I giornali e i tg hanno cercato di non dare molto risalto all’episodio, ma la crescita dell’ondata di simpatia dal basso ha spinto vari commentatori a dire la loro, assolvendo al proprio compito di Mandarini del potere costituito.

Spiccano in particolare due argomentazioni. Vediamo la prima, segnalatami da un amico: si parteggia per Luigi Mangione perché più “instagrammabile” (argh!) della sua vittima. Chi usa questo argomento, a mio parere, scambia i propri desideri con la realtà. Da decenni fanno di tutto per propinarci un mondo costruito sull’esteriorità, sull’immagine e, d’altro lato, per farci sembrare naturali le più odiose disuguaglianze e ingiustizie: non stupisce che mostrino di crederci. La popolazione mondiale opportunamente rimbecillita sarebbe sempre portata a parteggiare per un personaggio giovane e bello, anche a prescindere che si tratti di un assassino.

Il secondo argomento, avallato anche da organi di riferimento della cosiddetta sinistra, è che il Luigi Mangione sarebbe troppo ricco e poco politicizzato per diventare un eroe dell’anticapitalismo (La confusa romanticizzazione di Luigi Mangione, Il Post, 12/12/2024). Cascano le braccia davanti a tanta pochezza. Evidentemente la sinistra Ztl inorridisce davanti a un suo potenziale figlio che, abbandonate le tematiche alla moda, spara tre pallottole a un CEO, accusandolo di una colpa così plebea, come avere fatto crepare, aggravare o andare sul lastrico una grande quantità di poveracci, ai quali sono stati sistematicamente negati i rimborsi.

Spesso i dirigenti rivoluzionari provenivano da famiglie abbienti, o comunque non povere, inoltre Luigi Mangione quando è stato arrestato aveva con sé un documento politico. Inoltre le tre parole scritte sulle pallottole con un indelebile rappresentano un’evidente citazione di un libro: Jay M. Feinman: Delay, Deny, Defend: Why Insurance Companies Don’t Pay Claim and What You Can Do About, 2010.

Beato il popolo che non ha bisogno di eroi: non mi entusiasmo per un potenziale eroe dell’anticapitalismo, né per il dibattito che ne è seguito, ma constato che i CEO di simili aziende dormiranno sonni molto meno tranquilli.

Il che darà nuovo impulso al tema della secessione dei ricchi, che, detto per inciso, è uno dei temi del mio romanzo che dovrebbe essere in uscita a breve.

Presentazione in Cox18

Giovedì 7 Novembre ho presentato “La torre azzurra” nel centro sociale Cox18 insieme ad Alberto Stracuzzi e Andrea Monti.

La discussione si è sviluppata a partire da alcune citazioni trovate da Alberto. Anzitutto un articolo tratto da Le monde diplomatique di ottobre 2024, intitolato: Dov’è finito l’inconscio?. La tesi, in estrema sintesi, è che l’inconscio, che all’inizio del Novecento venne considerato come una potenza indomita, col suo potenziale destabilizzante, ma anche creativo, è oggi “addomesticato” da pacchetti con percorsi di benessere mentale, spesso forniti dalle aziende. Il tema si intreccia in modo stimolante con la trama del mio romanzo, nel quale una macchina per registrare i sogni attinge proprio dall’inconscio delle immagini come nuova linfa vitale per i film e le serie.

La seconda citazione era tratta dal romanzo I sicari di Trastevere, di Roberto Mazzucco. La tesi è che anche i giornalisti più coraggiosi finiscono per rientrare in un sistema funzionale al potere, che ha bisogno di disporre di un controcanto per legittimarsi. È quanto avviene in una delle due storie raccontate ne La torre azzurra, dove un giornalista che ha fatto carriera grazie a inchieste coraggiose è oggi in vista di un incarico alla direzione di un’importante testata, e decide di utilizzare quello strumento per farsi pubblicità e compiere l’ultimo passo.

L’ultima citazione, da Il lavoro culturale di Luciano Bianciardi, sosteneva che mentre prima della stampa i lettori andavano alla ricerca dei libri, ora i libri vadano alla ricerca dei lettori. Questa tendenza, come del resto tante altre, sembra essere giunta al suo estremo, con pochi libri campioni di vendite che fanno il grosso del fatturato di poche grosse case editrici e altri che cercano disperatamente di farsi conoscere, e pure leggere, in un paese con pochissimi lettori…

Andrea Monti ha presentato la collana Il cavallo verde, nella quale è stato pubblicato il mio romanzo. Il nome richiama la rivista fondata da Neruda nel suo soggiorno in Spagna e quegli anni di lotte politiche e di divisioni non lontane da quelle odierne. Periodo almeno culturalmente fecondo, allora…

Varie domande dal pubblico hanno permesso di approfondire la discussione, e a me di chiarire meglio alcuni aspetti. In particolare che l’idea da cui nasce il libro è che la perdita del senso della realtà e della memoria anche del presente siano tendenze ampiamente consolidate nel mondo d’oggi. La macchina che registra i sogni e le conseguenze che si manifestano senza essere percepite, almeno inizialmente, rappresentano una metafora per parlare del presente, uno stimolo per indagarlo con gli strumenti della letteratura.

A scanso di equivoci il romanzo è stato scritto durante il lockdown, cioè ben prima che uscisse Il sol dell’avvenire di Nanni Moretti, che utilizza anch’esso il circo come metafora…ma si tratta, per l’appunto, di un altro circo e un’altra metafora.

La biblioteca di Baggio

Mercoledì 9 ottobre alle 18 ho presentato La torre azzurra alla Biblioteca di Baggio, dialogando con Enrico Lenzi, giornalista di Avvenire e amico di lunga data.

Vivo a Baggio da sempre e la biblioteca è un luogo importantissimo per il quartiere, che ho frequentato fin da bambino. I lettori del romanzo sanno che essa rientra, anche se molto lateralmente, nella vicenda narrata.

La discussione che si è sviluppata, anche grazie a interventi dei presenti, è stata incentrata soprattutto sulla perdita della memoria storica e sul rapporto fra le generazioni.

Resistenza e cambiamento

Viviamo nel capitalismo. Il suo potere sembra inevitabile; come il diritto divino dei re. […] Il potere può essere contrastato e cambiato dagli esseri umani; resistenza e cambiamento spesso iniziano nell’arte.


Ursula K. Le Guin

Prendo spunto da questa citazione, utilizzata sul proprio sito dalla redazione di “Un’ambigua Utopia. Rivista di critica Marx/z/iana”.

Sempre più spesso ci viene da dubitare del contenuto di questa frase. Della seconda parte intendo, perché che viviamo nel capitalismo e che ai più appaia come inevitabile non credo siano assunti discutibili.

Resistenza all’ideologia capitalistica, individuazione e messa in discussione dei suoi capisaldi, questo è in sintesi il mio programma letterario.

Cerco di smascherare il falso mito della neutralità della scienza e della tecnologia, mettendo al centro di un romanzo una macchina che registra i sogni per metterli a profitto, oppure immaginando un distanziamento sociale radicale reso possibile da una tecnologia che simula perfettamente la realtà. Questa tecnologia risulterà essere funzionale alla secessione di un’esigua minoranza di plutocrati che si sono impossessati di gran parte del pianeta.

Metto alla berlina l’ideologia progressista falsamente alternativa, in realtà pienamente integrata nelle attuali dinamiche dello sfruttamento, tanto da abdicare completamente qualsiasi sua “alternatività” davanti a una contraddizione della portata di una guerra.

Faccio muovere i personaggi di un romanzo nell’inconsapevolezza della perdita di memoria, fino al paradosso di non ricordare più ciò che è accaduto la settimana prima, per mostrare l’appiattimento sempre più totale e acritico su un presente fatto di consumo effimero.

Scelgo per protagonisti di un romanzo due appartenenti alle generazioni anagraficamente più lontane, per rendere evidente quanto siano fittizie e inconsistenti le divisioni identitarie basate sull’età (il genere, la religione, il colore della pelle, ecc.) e quanto invece abbiano da condividere coloro i quali subiscono questo mondo e desiderano, magari ancora inconsapevolmente, rivoluzionarlo.

Costruisco un lemmario di parole alla moda (empowerment, stakeholder, ranking, smart, suggestione…) per inventarmi dei racconti che ne evidenzino, spesso attraverso l’ironia, il contenuto ideologico.

Nelle mie presentazioni cerco di coinvolgere il pubblico nella discussione di questi temi.

Presentazione a Les Mots, maggio 2024

Giovedì 16 maggio 2024 ho presentato la Torre Azzurra alla Libreria Les Mots.

L’ennesimo acquazzone di una primavera tra le più piovose che ricordi ha scoraggiato solo una piccola parte del pubblico. La sala era piena e l’ambiente, come sempre, è stato piacevole.

Mi presentava Ivan Vaghi, mio ex compagno di classe del liceo che, forse grazie a tutti questi anni di conoscenza, è riuscito ad azzeccare tutte le domande a cui avrei voluto rispondere, senza che ci fossimo messi d’accordo (ma questo lo crederanno in pochi).

Ringrazio le compagne e i compagni della Libreria, che mi avevano già ospitato per la presentazione di Sugar Mountain.

Pagine in rivolta

Sabato 8 e Domenica 9 giugno, presso il Centro Sociale Occupato Autogestito COX 18, si è tenuta la prima edizione del Piccolo Salone del Libro Politico. Si è trattato di un primo tentativo di riunire le Case Editrici che, nonostante le mille difficoltà di questi ultimi anni, hanno continuato a proporre libri politici “impegnati, militanti e capaci”.

La due giorni è stata organizzata da Cox 18, dalla Libreria Calusca e dall’Archivio Primo Moroni, in collaborazione con la rivista Millepiani e l’Association Culturelle Eterotopia France.

Nel salone al primo piano della Libreria Calusca, dove ha sede l’Archivio Primo Moroni, è ospitata una mostra di libri, giornali e riviste di movimenti e organizzazioni rivoluzionarie a cura della libreria stessa e delle edizioni Colibrì.

Sabato pomeriggio si è svolto il dibattito: “Liberare saperi nelle società di controllo”, con interventi di Ubaldo Fadini, Andrea Fumagalli, Michele Lancione, Cristina Morini, Lucia Tozzi e Tiziana Villani.

Domenica pomeriggio invece c’è stato lo Slam Poetry: poesie lette, recitate e votate.

Presentazione de La Torre Azzura all’associazione Chiamamilano

Martedì 4 giugno 2024 ho presentato il mio romanzo nella sede dell’Associazione Chiamamilano, in un bel locale sotterraneo in via Laghetto, di fianco all’Università.

Eravamo una quarantina (contati dagli organizzatori, non dalla Questura…).

Forse anche grazie al fatto che molti si conoscevano, si è creato un clima molto confidenziale, che ha permesso di rompere la barriera invisibile che normalmente si stabilisce in queste occasioni e di fare diverse domande e interventi.

Ecco il video della serata.

Caballo verde para la poesía

Salone Internazionale del Libro

Venerdì 10 maggio abbiamo presentato al Salone del Libro di Torino la collana Cavallo Verde delle Edizioni Sanlorenzo e, al suo interno, il mio romanzo La torre azzurra.

Se qualcuno pensa che per vendere i libri ci si debba ormai rivolgere all’armocromista è fuori strada: questa fantomatica figura, della quale ignoravo felicemente l’esistenza fino a pochi mesi orsono, non pare possa risollevare le sorti di chicchessia, né in politica, né in letteratura…

Ma, a parte le chiacchiere, vale la pena esplicitare che il nome della collana si ispira alla rivista Caballo verde para la poesía, fondata nel 1935, tra gli altri, da Pablo Neruda mentre era console del Cile a Barcellona.

L’idea che la sostiene è che le contrapposizioni che si manifestarono poi tragicamente anche con la Guerra Civile Spagnola siano, almeno in parte, ancora presenti e attuali.

La collana nasce da un’idea di Andrea Monti, che ha anche presentato Saverio Marie. Luca Manini, infine, ha presentato il secondo libro della collana: Ultimo sole sul Monte Croce e altri racconti