Viviamo nel capitalismo. Il suo potere sembra inevitabile; come il diritto divino dei re. […] Il potere può essere contrastato e cambiato dagli esseri umani; resistenza e cambiamento spesso iniziano nell’arte.
Ursula K. Le Guin
Prendo spunto da questa citazione, utilizzata sul proprio sito dalla redazione di “Un’ambigua Utopia. Rivista di critica Marx/z/iana”.
Sempre più spesso ci viene da dubitare del contenuto di questa frase. Della seconda parte intendo, perché che viviamo nel capitalismo e che ai più appaia come inevitabile non credo siano assunti discutibili.
Resistenza all’ideologia capitalistica, individuazione e messa in discussione dei suoi capisaldi, questo è in sintesi il mio programma letterario.
Cerco di smascherare il falso mito della neutralità della scienza e della tecnologia, mettendo al centro di un romanzo una macchina che registra i sogni per metterli a profitto, oppure immaginando un distanziamento sociale radicale reso possibile da una tecnologia che simula perfettamente la realtà. Questa tecnologia risulterà essere funzionale alla secessione di un’esigua minoranza di plutocrati che si sono impossessati di gran parte del pianeta.
Metto alla berlina l’ideologia progressista falsamente alternativa, in realtà pienamente integrata nelle attuali dinamiche dello sfruttamento, tanto da abdicare completamente qualsiasi sua “alternatività” davanti a una contraddizione della portata di una guerra.
Faccio muovere i personaggi di un romanzo nell’inconsapevolezza della perdita di memoria, fino al paradosso di non ricordare più ciò che è accaduto la settimana prima, per mostrare l’appiattimento sempre più totale e acritico su un presente fatto di consumo effimero.
Scelgo per protagonisti di un romanzo due appartenenti alle generazioni anagraficamente più lontane, per rendere evidente quanto siano fittizie e inconsistenti le divisioni identitarie basate sull’età (il genere, la religione, il colore della pelle, ecc.) e quanto invece abbiano da condividere coloro i quali subiscono questo mondo e desiderano, magari ancora inconsapevolmente, rivoluzionarlo.
Costruisco un lemmario di parole alla moda (empowerment, stakeholder, ranking, smart, suggestione…) per inventarmi dei racconti che ne evidenzino, spesso attraverso l’ironia, il contenuto ideologico.
Nelle mie presentazioni cerco di coinvolgere il pubblico nella discussione di questi temi.