Presentazione in Cox18

Giovedì 7 Novembre ho presentato “La torre azzurra” nel centro sociale Cox18 insieme ad Alberto Stracuzzi e Andrea Monti.

La discussione si è sviluppata a partire da alcune citazioni trovate da Alberto. Anzitutto un articolo tratto da Le monde diplomatique di ottobre 2024, intitolato: Dov’è finito l’inconscio?. La tesi, in estrema sintesi, è che l’inconscio, che all’inizio del Novecento venne considerato come una potenza indomita, col suo potenziale destabilizzante, ma anche creativo, è oggi “addomesticato” da pacchetti con percorsi di benessere mentale, spesso forniti dalle aziende. Il tema si intreccia in modo stimolante con la trama del mio romanzo, nel quale una macchina per registrare i sogni attinge proprio dall’inconscio delle immagini come nuova linfa vitale per i film e le serie.

La seconda citazione era tratta dal romanzo I sicari di Trastevere, di Roberto Mazzucco. La tesi è che anche i giornalisti più coraggiosi finiscono per rientrare in un sistema funzionale al potere, che ha bisogno di disporre di un controcanto per legittimarsi. È quanto avviene in una delle due storie raccontate ne La torre azzurra, dove un giornalista che ha fatto carriera grazie a inchieste coraggiose è oggi in vista di un incarico alla direzione di un’importante testata, e decide di utilizzare quello strumento per farsi pubblicità e compiere l’ultimo passo.

L’ultima citazione, da Il lavoro culturale di Luciano Bianciardi, sosteneva che mentre prima della stampa i lettori andavano alla ricerca dei libri, ora i libri vadano alla ricerca dei lettori. Questa tendenza, come del resto tante altre, sembra essere giunta al suo estremo, con pochi libri campioni di vendite che fanno il grosso del fatturato di poche grosse case editrici e altri che cercano disperatamente di farsi conoscere, e pure leggere, in un paese con pochissimi lettori…

Andrea Monti ha presentato la collana Il cavallo verde, nella quale è stato pubblicato il mio romanzo. Il nome richiama la rivista fondata da Neruda nel suo soggiorno in Spagna e quegli anni di lotte politiche e di divisioni non lontane da quelle odierne. Periodo almeno culturalmente fecondo, allora…

Varie domande dal pubblico hanno permesso di approfondire la discussione, e a me di chiarire meglio alcuni aspetti. In particolare che l’idea da cui nasce il libro è che la perdita del senso della realtà e della memoria anche del presente siano tendenze ampiamente consolidate nel mondo d’oggi. La macchina che registra i sogni e le conseguenze che si manifestano senza essere percepite, almeno inizialmente, rappresentano una metafora per parlare del presente, uno stimolo per indagarlo con gli strumenti della letteratura.

A scanso di equivoci il romanzo è stato scritto durante il lockdown, cioè ben prima che uscisse Il sol dell’avvenire di Nanni Moretti, che utilizza anch’esso il circo come metafora…ma si tratta, per l’appunto, di un altro circo e un’altra metafora.

La biblioteca di Baggio

Mercoledì 9 ottobre alle 18 ho presentato La torre azzurra alla Biblioteca di Baggio, dialogando con Enrico Lenzi, giornalista di Avvenire e amico di lunga data.

Vivo a Baggio da sempre e la biblioteca è un luogo importantissimo per il quartiere, che ho frequentato fin da bambino. I lettori del romanzo sanno che essa rientra, anche se molto lateralmente, nella vicenda narrata.

La discussione che si è sviluppata, anche grazie a interventi dei presenti, è stata incentrata soprattutto sulla perdita della memoria storica e sul rapporto fra le generazioni.

Resistenza e cambiamento

Viviamo nel capitalismo. Il suo potere sembra inevitabile; come il diritto divino dei re. […] Il potere può essere contrastato e cambiato dagli esseri umani; resistenza e cambiamento spesso iniziano nell’arte.


Ursula K. Le Guin

Prendo spunto da questa citazione, utilizzata sul proprio sito dalla redazione di “Un’ambigua Utopia. Rivista di critica Marx/z/iana”.

Sempre più spesso ci viene da dubitare del contenuto di questa frase. Della seconda parte intendo, perché che viviamo nel capitalismo e che ai più appaia come inevitabile non credo siano assunti discutibili.

Resistenza all’ideologia capitalistica, individuazione e messa in discussione dei suoi capisaldi, questo è in sintesi il mio programma letterario.

Cerco di smascherare il falso mito della neutralità della scienza e della tecnologia, mettendo al centro di un romanzo una macchina che registra i sogni per metterli a profitto, oppure immaginando un distanziamento sociale radicale reso possibile da una tecnologia che simula perfettamente la realtà. Questa tecnologia risulterà essere funzionale alla secessione di un’esigua minoranza di plutocrati che si sono impossessati di gran parte del pianeta.

Metto alla berlina l’ideologia progressista falsamente alternativa, in realtà pienamente integrata nelle attuali dinamiche dello sfruttamento, tanto da abdicare completamente qualsiasi sua “alternatività” davanti a una contraddizione della portata di una guerra.

Faccio muovere i personaggi di un romanzo nell’inconsapevolezza della perdita di memoria, fino al paradosso di non ricordare più ciò che è accaduto la settimana prima, per mostrare l’appiattimento sempre più totale e acritico su un presente fatto di consumo effimero.

Scelgo per protagonisti di un romanzo due appartenenti alle generazioni anagraficamente più lontane, per rendere evidente quanto siano fittizie e inconsistenti le divisioni identitarie basate sull’età (il genere, la religione, il colore della pelle, ecc.) e quanto invece abbiano da condividere coloro i quali subiscono questo mondo e desiderano, magari ancora inconsapevolmente, rivoluzionarlo.

Costruisco un lemmario di parole alla moda (empowerment, stakeholder, ranking, smart, suggestione…) per inventarmi dei racconti che ne evidenzino, spesso attraverso l’ironia, il contenuto ideologico.

Nelle mie presentazioni cerco di coinvolgere il pubblico nella discussione di questi temi.

Presentazione a Les Mots, maggio 2024

Giovedì 16 maggio 2024 ho presentato la Torre Azzurra alla Libreria Les Mots.

L’ennesimo acquazzone di una primavera tra le più piovose che ricordi ha scoraggiato solo una piccola parte del pubblico. La sala era piena e l’ambiente, come sempre, è stato piacevole.

Mi presentava Ivan Vaghi, mio ex compagno di classe del liceo che, forse grazie a tutti questi anni di conoscenza, è riuscito ad azzeccare tutte le domande a cui avrei voluto rispondere, senza che ci fossimo messi d’accordo (ma questo lo crederanno in pochi).

Ringrazio le compagne e i compagni della Libreria, che mi avevano già ospitato per la presentazione di Sugar Mountain.

Pagine in rivolta

Sabato 8 e Domenica 9 giugno, presso il Centro Sociale Occupato Autogestito COX 18, si è tenuta la prima edizione del Piccolo Salone del Libro Politico. Si è trattato di un primo tentativo di riunire le Case Editrici che, nonostante le mille difficoltà di questi ultimi anni, hanno continuato a proporre libri politici “impegnati, militanti e capaci”.

La due giorni è stata organizzata da Cox 18, dalla Libreria Calusca e dall’Archivio Primo Moroni, in collaborazione con la rivista Millepiani e l’Association Culturelle Eterotopia France.

Nel salone al primo piano della Libreria Calusca, dove ha sede l’Archivio Primo Moroni, è ospitata una mostra di libri, giornali e riviste di movimenti e organizzazioni rivoluzionarie a cura della libreria stessa e delle edizioni Colibrì.

Sabato pomeriggio si è svolto il dibattito: “Liberare saperi nelle società di controllo”, con interventi di Ubaldo Fadini, Andrea Fumagalli, Michele Lancione, Cristina Morini, Lucia Tozzi e Tiziana Villani.

Domenica pomeriggio invece c’è stato lo Slam Poetry: poesie lette, recitate e votate.

Presentazione de La Torre Azzura all’associazione Chiamamilano

Martedì 4 giugno 2024 ho presentato il mio romanzo nella sede dell’Associazione Chiamamilano, in un bel locale sotterraneo in via Laghetto, di fianco all’Università.

Eravamo una quarantina (contati dagli organizzatori, non dalla Questura…).

Forse anche grazie al fatto che molti si conoscevano, si è creato un clima molto confidenziale, che ha permesso di rompere la barriera invisibile che normalmente si stabilisce in queste occasioni e di fare diverse domande e interventi.

Ecco il video della serata.

Caballo verde para la poesía

Salone Internazionale del Libro

Venerdì 10 maggio abbiamo presentato al Salone del Libro di Torino la collana Cavallo Verde delle Edizioni Sanlorenzo e, al suo interno, il mio romanzo La torre azzurra.

Se qualcuno pensa che per vendere i libri ci si debba ormai rivolgere all’armocromista è fuori strada: questa fantomatica figura, della quale ignoravo felicemente l’esistenza fino a pochi mesi orsono, non pare possa risollevare le sorti di chicchessia, né in politica, né in letteratura…

Ma, a parte le chiacchiere, vale la pena esplicitare che il nome della collana si ispira alla rivista Caballo verde para la poesía, fondata nel 1935, tra gli altri, da Pablo Neruda mentre era console del Cile a Barcellona.

L’idea che la sostiene è che le contrapposizioni che si manifestarono poi tragicamente anche con la Guerra Civile Spagnola siano, almeno in parte, ancora presenti e attuali.

La collana nasce da un’idea di Andrea Monti, che ha anche presentato Saverio Marie. Luca Manini, infine, ha presentato il secondo libro della collana: Ultimo sole sul Monte Croce e altri racconti

È finalmente uscito La Torre Azzurra

Il mio secondo romanzo è acquistabile nelle librerie e online:

Feltrinelli: https://www.ibs.it/torre-azzurra-libro-alberto-airoldi/e/9788880713739

Mondadori: https://www.mondadoristore.it/La-torre-azzurra-Alberto-Airoldi/eai978888071373

Hoepli: https://www.hoepli.it/libro/la-torre-azzurra/9788880713739.html

La Torre Azzurra

La storia è ambientata in varie periferie milanesi e segue da vicino due ragazzi alla ricerca di un amico anziano, coinquilino delle case popolari in cui vivono, misteriosamente scomparso. Si svolge in un futuro prossimo, in cui la macchina acchiappa-sogni non è più un modo di dire ma una realtà concreta al servizio dell’industria dell’intrattenimento.

La tendenza a vivere in un presente permanente non è una novità di inizio millennio: il fenomeno era già stato evidenziato negli anni ‘80, in particolare nelle ricerche relative alla condizione giovanile. Tuttavia, la sensazione è che l’appiattimento sul presente sia oggi estremamente pervasivo e trasversale alle generazioni. Nel romanzo, le persone faticano pure a ricordare i fatti di cronaca, fino a smarrire il senso della realtà, e per di più senza rendersene conto.

Il perché lo scoprirete leggendo.

I protagonisti sono due giovani della cosiddetta “Generazione Z” e un sessantenne, che si ha la buona creanza di non definire mai boomer. La vicenda che li coinvolge assume i contorni di un’indagine sui generis e si intreccia con quella di un giornalista rampante.

Se si volesse costringerlo in un genere, il romanzo potrebbe essere definito di fantapolitica. Non perché i temi trattati siano strettamente politici, bensì perché riguardano in generale alcune profonde trasformazioni subite dal nostro vivere in società: il rapporto fra tecnologia e immaginario, la dipendenza crescente degli individui dall’industria culturale, la manipolazione dell’informazione.

I protagonisti del romanzo sono – inconsapevolmente e a modo loro – dei resistenti: non subiscono la realtà, non si sono adeguati all’“educazione alla passività” che permea il mondo circostante e si sentono perciò in buon diritto di esigere un lieto fine; fosse anche una vittoria piccola, come quelle concepite in questi anni in cui sembra vietato pensare in grande.

Nuovo realismo

Nuovo realismo

 

In un post di oltre un anno fa ironizzavo su un presunto ritorno al verismo: copertine, fascette, pubblicità, valorizzano sempre più spesso il fatto che un’opera si basi su fatti realmente accaduti o su esperienze autobiografiche. Del resto, dopo decenni di fuga dalla realtà a opera del postmodernismo, viviamo in un’epoca di rivalutazione del realismo, e lungi da me lamentarmene. Il ritorno alla realtà avviene, com’è del tutto logico, con forme diverse che in passato, per esempio: “Commistione fra genere romanzesco, scrittura saggistica o documentaria, narrazione autobiografica, reportage giornalistico… una riabilitazione dell’autore… il soggetto scrivente diventa nuovamente importante… garante e responsabile, a livello etico, di quella realtà che racconta” (C. Rivoletti in “Narrativa – Nuova serie”, 38-2016).

Al di sotto della superficie dell’etichetta pubblicitaria che serve a vendere la merce, ci sarebbe un bisogno di sfuggire alla continua manipolazione della realtà operata dai mass media e dai social. Discutere sul nuovo realismo senza considerare le dinamiche dell’industria culturale rischia, però, di proiettarci in una sterile disquisizione idealistica, dove le tendenze sono il prodotto di elaborazioni intellettuali, o al limite il riflesso di tendenze sociali o massmediatiche.

L’esigenza dell’industria dell’intrattenimento (editoriale, cinematografica e televisiva) è di produrre in continuazione “storie vere” perché, per vari motivi, si vendono maggiormente, ma accade inevitabilmente che sia: “La stessa fame di storie vere del pubblico a produrre storie false” (R. Donnarumma in “Allegorie”, 57-2008). Anche il successo dei biopic rientra in questa esigenza di storie certificate come “vere”, anche se grondanti di scelte arbitrarie. Quanto maggiore è la falsificazione della realtà che subiamo quotidianamente a opera della cosiddetta informazione e dei social, tanto maggiore è la tendenza a identificare il vero con l’autentico.

Se questa è, in estrema sintesi, la tendenza, le domande che mi pongo sono: un realismo ampiamente filtrato soggettivamente rappresenta uno strumento utile per esercitare le armi della critica su una realtà che appare ai più come irrimediabilmente complessa e indecifrabile? O per suscitare almeno un interesse nell’esercizio della critica quando domina la stessa sfiducia nell’inutilità di intraprendere questo sforzo intellettuale?

Senza volere dare giudizi liquidatori, tantomeno su una costruzione arbitraria quale quella di un “genere” letterario, vedo, però, il rischio che il “filtro soggettivo” finisca per identificarsi col narcisismo dilagante e il “realismo” rischi di diventare solo un pretesto per parlare di sé. “Nei romanzi di oggi, l’emergenza dell’io-narratore è infatti, per certi versi, il risarcimento che l’individuo trova alla propria irrilevanza sociale” (ibidem). Questo spiega, peraltro, anche il proliferare della produzione romanzesca in un paese in cui pochissimi leggono, o dei verbosi soliloqui che nessuno ascolta.

La mia prospettiva letteraria è differente. Trovo molto più interessante presentare una realtà trasfigurata in uno o in pochi suoi elementi che, tuttavia, determinano dei cambiamenti sostanziali nella società e nella cultura. L’attuale tassonomia di generi letterari costringe questi romanzi nel genere distopico, perché il mondo che vi viene descritto rappresenta un’involuzione ulteriore di quello attuale, che però rimane perfettamente riconoscibile. In Sugar mountain l’elemento centrale è lo scoppio di un conflitto generalizzato (è stato scritto fra il 2015 e il 2018), ne La torre azzurra sono due: una macchina che registra i sogni e li traduce in immagini e una droga che aumenta il senso di realtà, ne Il grande ri-sot la riorganizzazione della vita secondo i dettami del distanziamento sociale. La realtà non viene descritta, o fatta riemergere mediante ricostruzioni storiografiche o giornalistiche, e tantomeno filtrata attraverso le opinioni dell’io del narratore. È a partire da una realtà trasfigurata che si può operare un confronto continuo con quella che viviamo, la costruzione fantastica ha un punto fermo nell’individuazione di alcune caratteristiche fondamentali nella realtà odierna. Per esempio ne La torre azzurra è la macchina che registra i sogni a produrre la perdita di senso della realtà e di memoria storica, e cioè a fungere da metafora di una delle caratteristiche principali della nostra società attuale. Ne Il grande ri-sot le persone non sono distanziate solo psicologicamente, come avviene oggi in ogni ambiente popolato da umani che ignorano chi sta a pochi metri e si relazionano con esseri distanti vari chilometri, ma anche spazialmente perché relegate in casa.

L’esigenza è quella di andare oltre la descrizione, di individuare delle chiavi interpretative. Non si vuole negare l’importanza di descrivere dei mondi che sono spesso irrimediabilmente lontani da noi (alcuni lavori, l’esperienza migratoria, la guerra, ecc.), ma di stimolare la riflessione sulle dinamiche possibili e sulle loro implicazioni, nella convinzione che solo passando dalla distopia si possa iniziare a riprendere una passione per l’utopia.

PREMIO CITTÀ DI TUSCANIA

Il mio ultimo romanzo, intitolato provvisoriamente “Il grande ri-sot”, è arrivato fra i primi tre finalisti del premio Città di Tuscania (promosso dalla Casa Editrice Lorenzo de Medici Press, in collaborazione con l’associazione A.C.T.A.S. di Tuscania), sebbene il riconoscimento ufficiale sia stato riservato al solo vincitore. Il romanzo, che racconta le vicende di un mondo fondato sull’imperativo del distanziamento sociale, si trova attualmente alla ricerca di un editore. Diversamente, il mio secondo romanzo, “La torre azzurra”, è in procinto di essere pubblicato dalle Edizioni Sanlorenzo. I dettagli sulla pubblicazione saranno condivisi in un nuovo post dedicato.